21 marzo 2023 GLI ORSI NON ESISTONO - METTI UNA SERA AL CINEMA - CGS DON BOSCO APS VERBANIA

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21 marzo 2023 GLI ORSI NON ESISTONO

METTI UNA SERA AL CINEMA 33
GLI ORSI NON ESISTONO
GLI  ORSI NON ESISTONO – regia di Jafar Panahi  Genere Drama - durata 106  minuti
 
L'ultimo film (per prevedibili almeno sei anni) del pluripremiato regista. Una strada e una coppia. Lui ha procurato per lei un passaporto falso per consentirle di espatriare ma quando la donna apprende che non partiranno insieme rifiuta di lasciarlo. Uno "Stop" ci informa del fatto che si tratta di una scena di una docufiction  che Jafar Panahi sta cercando di dirigere a distanza da un villaggio in cui il segnale è estremamente precario. Ma anche la vita in quel luogo è precaria.

Non è disposto a mettere giù la macchina da presa, Jafar Panahi, a cui nel 2010 l’Iran ha proibito di girare film per 20 anni, e firma il suo quinto lungometraggio da quella sentenza:Gli orsi non esistono. Vincitore del Premio Speciale della Giuria alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica 2022, il film è stato presentato al festival senza che il regista fosse presente, nel frattempo nuovamente arrestato per aver sostenuto il collega Mohammad Rasoulof, precedentemente incarcerato. Nel film, il regista si rende ancora una volta protagonista, raccontandoci attraverso i suoi occhi due storie d’amore: la prima, nel paesino al confine con la Turchia dove si è rifugiato,  la seconda, al centro del film che Panahi sta girando a Teheran, coordinando la troupe a distanza attraverso videochiamate, che si propone di testimoniare la tentata fuga dal Paese di una coppia. Un film “clandestino”, girato eludendo il divieto imposto al regista, che parla di clandestini, siano questi alla ricerca di un passaporto per dirigersi in Europa o giovani amanti il cui sentimento è ostacolato da antiche tradizioni. Clandestino, ovviamente, è anche Panahi, che nel titolo si ritrae ospite di un villaggio inviso agli stranieri, in cui è testimone di antiche usanze che dice di rispettare, ma di non comprendere affatto. Di soppiatto, si allontana nella notte e raggiunge l’amico, scambiandosi nemmeno stessero trafficando armi o droghe. Difficile dunque separare il film dal il retroscena biografico dello stesso regista, che assottiglia il confine tra documentario e fiction, come già aveva fatto in Taxi Teheran.
 
Nell’asciuttezza delle immagini, marchio di fabbrica del cineasta, Gli orsi non esistono è un manifesto al potere del cinema, consegnando allo spettatore una storia che non abbisogna di orpelli estetici e narrativi per fare breccia. Come nel suo This Is Not a Film, documentario il cui titolo omaggiava lo storico La Trahison des images di Magritte, Panahi ci sprona a interrogarci sul significato dell’arte, nella perenne dialettica fra realtà e sua rappresentazione, ricordandoci come un film, per sua natura finzione, possa essere tanto rivelatore quanto la realtà che lo ispira. Una realtà, quella dell’Iran raccontato da Panahi, che assume i connotati di una trappola in cui coloro che vorrebbero fuggire periscono impossibilitati a farlo. Al contrario di Panahi, che potrebbe valicare facilmente il confine, grazie ai contatti che un membro della troupe ha con i contrabbandieri locali, ma a cui, nonostante i soprusi subiti, voltare le spalle alla terra natia risulta proprio impossibile.
 
Panahi continua indefesso la propria missione, firmando un lavoro che non ha certamente intenzione di essere accondiscendente con il pubblico. Semmai, come sempre accade con il maestro iraniano, lo sfida intellettualmente e gli offre uno sguardo su realtà a cui ancora tanti preferiscono rimanere ciechi. In questo, il regista dimostra di rispettare lo spettatore, ritenendolo pronto ad accogliere un’opera che certamente si allontana dai canoni dell’intrattenimento che puntualmente gli viene servito. Gli propone di accettare un patto che, se accolto, sa ricompensare con un nuovo toccante tassello della poesia di uno dei registi contemporanei che più hanno saputo fare del cinema un baluardo della libertà espressiva.   Confine come libertà ma anche costrizione, confine tra realtà e finzione a volte confuse nella stessa inquadratura, un villaggio (un paese) che non vuole un regista scomodo e un regista che mette in discussione le tradizioni e le superstizioni dei suoi abitanti.
 

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