24 marzo 2020 IL VIAGGIO DI YAO
METTI UNA SERA AL CINEMA 31
Il Viaggio
di Yao Regista: Philippe
Godeau Genere: Commedia
Anno: 2018 Paese: Francia Durata: 103 min Data di uscita: 04 aprile 2019 Distribuzione: Cinema Distribuzione Genere
commedia con Omar Sy e Lionel Louis
Basse. Sceneggiatura: Agnès de Sacy, Philippe Godeau
Fotografia: Jean-Marc
Fabre Montaggio: Hervé
de Luze Produzione: Korokoro, Pan Européenne
Omar Sy, star in perenne ascesa del cinema francese,
torna (anche in veste di produttore) con una commedia on the road tenera,
leggera e allo stesso tempo ricca di significato.
Il
tredicenne Yao vive a Kanel, un villaggio rurale nel nord del Senegal. Quando
scopre che il celebre attore francese Seydou Tall è a Dakar per promuovere il
suo libro, non ci pensa due volte e parte per incontrare l’adorato idolo. La
vera avventura sarà però il viaggio di ritorno: i 387 chilometri di strade
sconnesse per rientrare a Kanel saranno infatti costellati dai più variegati
contrattempi. Yao affronterà tutto col sorriso sulle labbra, perché Seydou Tall
si è liberato dai suoi impegni per riaccompagnarlo sano e salvo a casa, colpito
dall’intraprendenza del ragazzino.
Il viaggio che riporta Yao a Kanel è anche facilmente metafora del ritorno alle
origini di Seydou, che per la prima volta si ritrova a pochi passi da dove era
partito suo nonno in gioventù. Ma decide di non attraversare il fiume che lo
separa dal villaggio. “Ci andrò con mio figlio”, dichiara Seydou durante una
delle ultime tappe dell’improvvisato viaggio, col pensiero al piccolo Nathan
rimasto in Francia con la madre. Seydou ha una nuova coscienza di sé: è ormai
differente dall’uomo atterrato a Dakar soltanto tre giorni prima. Adesso ha
finalmente compreso perché i senegalesi incontrati sulla sua strada lo vedevano
indubbiamente come “bianco” nonostante il colore nero della pelle, ed ha anche
appreso un nuovo concetto di comunità e di tempo, arrivando a fregarsene del
volo di ritorno ormai perduto. Anche se
la programmatica lentezza di tante situazioni – riparare l’auto, aspettare i
comodi del tassista, accettare gli inevitabili inviti a pranzo di chiunque
offra aiuto a questa strana coppia di viaggiatori – si traduce in un ritmo
filmico talvolta flemmatico che arriva ad annacquare l’efficacia di molte
scene, lo sguardo sulla realtà africana rimane limpido e il rapporto tra i due
protagonisti innegabilmente sincero. Manuela
Pinetti
"(...)
Commedia on the road cucita addosso a Omar Sy, reso celebre da 'Quasi amici':
il film gioca ovviamente sulla sovrapposizione tra attore e personaggio, a
cominciare dalla problematica identità da franco-africano. Lo sguardo del
"fratello europeo" permette di ironizzare sui luoghi comuni dell'Africa.
Le ambizioni del film sono contenute, la retorica è tenuta sotto controllo e il
viaggio prosegue in fondo in maniera non sgradevole." (Emiliano Morreale, 'La
Repubblica'
"In una storia costruita su misura per lui, Omar Sy ritrova il pudore, il calore umano e la misura che gli hanno regalato immensa popolarità in 'Quasi amici'. (...) La carta vincente della pellicola è la sua freschezza di sguardo su un mondo africano che - pur a cavallo fra tradizione e modernità, arretratezza economica e sviluppo - resta orgogliosamente radicato alla cultura d'appartenenza, altro che emigrazione! Qualcuno potrà trovare buonista il messaggio, ma Philippe Godeau restituiscono documentaristica spontaneità l'immagine di una bellissima Africa fuori dalle rotte turistiche e Sy e il ragazzino Lionel Basse formano una coppia adorabile e affiatata." (Alessandra Levantesi Kezich, 'La Stampa'
Impastato
nella terra rossa del Senegal, nelle sue strade polverose e nel calore della
sua umanità, Il viaggio di Yao
è un cammino di scoperta del sé, che scava nella storia dell’attore francese
Seydou Tall alla ricerca delle sue radici più profonde. Nato in Francia da
famiglia senegalese, Seydou (Omar Sy) è l’immagine perfetta dell’immigrato di
seconda generazione, integrato in tutto e per tutto nella cultura europea,
occidentalizzato fino all’osso e lontano anni luce dalla sua cultura d’origine.
L’unico elemento che lo ricollega all’Africa è il colore della sua pelle, ma in
questo momento della sua vita, in cui Seydou cerca di barcamenarsi tra una
carriera in rapida ascesa e un matrimonio che sta cadendo a pezzi, l’Africa
sembra solo un piccolo tassello della sua identità, talmente piccolo da non
trovare spazio tra i suoi pensieri.
Eppure è proprio in questo momento di grande crisi personale che
l’Africa entra prepotentemente nella sua vita, con un viaggio improvvisato a
Dakar, dove Seydou è stato invitato per presentare il suo ultimo libro. Ad
accoglierlo è il piccolo Yao (Lionel Louis Basse), la sua nemesi perfetta, il
ragazzino che avrebbe potuto essere se i suoi genitori non avessero mai
lasciato l’Africa. Yao ha vissuto in un villaggio a quattrocento
chilometri dalla capitale per tutta la sua vita,
considerando Seydou Tall come un modello, un’ispirazione, per lui che
vuole fare qualcosa di grande della sua vita. Ed è per questo che si è messo in
viaggio da solo, macinando chilometri con mezzi di fortuna, solo per stringere
la mano al suo sogno vivente. Seydou rimane molto colpito dal coraggio di
Yao, ed è per questo che decide di riaccompagnarlo a casa, iniziando così il
viaggio più importante della sua vita. In questa terra a lui completamente
sconosciuta, i ruoli di mentore e discente si capovolgono, perché adesso è Yao
il maestro, la guida, e Seydou il bambino sperduto, il “bianco” tra i neri,
il diverso.
In questo senso Il viaggio di Yao è molto più che un road-movie, o un viaggio iniziatico alla scoperta di una cultura e di una spiritualità sconosciuta, ma diventa una vera e propria riflessione sull’identità. Cos’è bianco e cos’è nero? Quali sono gli elementi per definire l’identità di una persona e come cambia la percezione che ne hanno gli altri in base al luogo in cui si trova? Il viaggio di Yao è tutto questo e Philippe Godeau è in grado di condensare una riflessione esistenziale così complessa in termini umani più che trascendenti, come gli incontri che Yao e Seydou fanno durante il viaggio, che sono in grado di trasmettere i valori della cultura africana e la sua profonda spiritualità in pochi semplici gesti, riducendo al minimo le parole per dare massimo risalto al corpo. Tuttavia sembra che Philippe Godeau non abbia il coraggio di andare oltre le colonne d’Ercole di questa terra, e che si fermi sulla soglia, un attimo prima di portare i i suoi personaggi fino in fondo al loro viaggio, lasciando sospeso il tempo del racconto, come se attendesse che siano loro stessi a scriverne il finale. E forse è giusto così.
In questo senso Il viaggio di Yao è molto più che un road-movie, o un viaggio iniziatico alla scoperta di una cultura e di una spiritualità sconosciuta, ma diventa una vera e propria riflessione sull’identità. Cos’è bianco e cos’è nero? Quali sono gli elementi per definire l’identità di una persona e come cambia la percezione che ne hanno gli altri in base al luogo in cui si trova? Il viaggio di Yao è tutto questo e Philippe Godeau è in grado di condensare una riflessione esistenziale così complessa in termini umani più che trascendenti, come gli incontri che Yao e Seydou fanno durante il viaggio, che sono in grado di trasmettere i valori della cultura africana e la sua profonda spiritualità in pochi semplici gesti, riducendo al minimo le parole per dare massimo risalto al corpo. Tuttavia sembra che Philippe Godeau non abbia il coraggio di andare oltre le colonne d’Ercole di questa terra, e che si fermi sulla soglia, un attimo prima di portare i i suoi personaggi fino in fondo al loro viaggio, lasciando sospeso il tempo del racconto, come se attendesse che siano loro stessi a scriverne il finale. E forse è giusto così.