12 maggio 2020 LO SCEICCO BIANCO - METTI UNA SERA AL CINEMA - CGS DON BOSCO APS VERBANIA

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12 maggio 2020 LO SCEICCO BIANCO

METTI UNA SERA AL CINEMA 31
LO SCEICCO BIANCO
12 maggio 2020
LO SCEICCO BIANCO Regia: Federico Fellini Attori:  Alberto Sordi- Fernando Rivoli, lo 'Sceicco Bianco', Brunella Bovo- Wanda Giardino, la sposina, Leopoldo Trieste- Ivan Cavalli, lo sposino, Giulietta Masina- Cabiria, Lilia Landi- Felga, Ernesto Almirante- Regista delfotoromanzo,
Fanny Marchiò- Marilena Vellardi, Gina Mascetti- Moglie di Fernando, Enzo Maggio- Portiere d'albergo, Giorgio Salvioni- Un redattore, Ettore Maria Margadonna- Zio di Ivan,
Soggetto: Michelangelo Antonioni - (idea), Federico Fellini, Tullio Pinelli Sceneggiatura: Federico Fellini, Tullio Pinelli, Ennio Flaiano - (collaborazione) Fotografia: Arturo Gallea Musiche: Nino Rota Montaggio: Rolando Benedetti Scenografia: Raffaello Tolfo Durata: 86' Colore: B/N
Genere: SATIRICO Tratto da: un'idea di Michelangelo Antonioni Produzione: LUIGI ROVERE PER P.D.C.
Due sposini meridionali, Wanda ed Ivan, in viaggio di nozze, arrivano a Roma una mattina. Mentre Ivan si riposa in albergo, Wanda, appassionata lettrice di romanzi a fumetti, si reca alla redazione del suo giornaletto preferito. Poiché dà prova di uno straordinario entusiasmo per il protagonista del cine-romanzo "Lo sceicco bianco", l'invitano ad unirsi alla troupe, che va a Fregene a girarne alcuni episodi. Così Wanda conosce lo Sceicco, che le fa una corte spietata e le chiede di partecipare con lui ad una scena. Durante la pausa pranzo i due fanno una gita in barca che il vento fa durare più del previsto, mentre Wanda respinge vittoriosamente le effusioni dello Sceicco. Raggiungono tardi la spiaggia e Wanda si trova davanti alla realtà dei fatti, il suo Sceicco non è altri che un uomo normale. Tornata a Roma dopo un'altra spiacevole avventura, Wanda non osa presentarsi al marito e decide di suicidarsi; ma viene salvata e portata all'ospedale. Da quando s'è accorto della scomparsa della moglie, Ivan ha vissuto ore di agitazione e d'angoscia, tra le ricerche e gli sforzi di nascondere ai parenti la sua scomparsa. Fuggito dalla polizia, dove l'avevano preso per pazzo, passa la notte con una donna di malaffare, alla quale però chiede soltanto pietà. La mattina dopo i due sposini si ritrovano, si perdonano reciprocamente e, uniti e rappacificati, vanno insieme ai parenti all'udienza papale.
Federico Fellini è considerato uno dei maggiori registi della storia del cinema, nell’arco di quasi quarant’anni, da Lo sceicco bianco (1952) a La voce della luna (1990), ha vinto cinque premi Oscar e dato vita a personaggi memorabili. I suoi film più celebri La strada, Le notti di Cabiria, La dolce vita, e Amarcord sono entrati nell’immaginario collettivo cambiando il concetto di cinema e influenzando intere generazioni di registi (come racconta Spielberg).
Fellini a sedici anni è già innamorato del cinema, inizia da giovanissimo a disegnare fumetti satirici e a scrivere sui giornali, per poi cimentarsi nella sceneggiatura radiofonica e cinematografica. Roberto Rossellini lo chiama per collaborare a Roma città aperta e continua a lavorare come sceneggiatore con Lattuada, Germi e Comencini.
Il momento cruciale per Fellini è proprio il passaggio alla regia, quando non pensava di fare il regista ma credeva di bivaccare sornione nel limbo della sceneggiatura, irresponsabile e lontano dal lavoro collettivo. Il primo giorno di lavorazione de Lo sceicco bianco (1952) si rivela un fallimento: non riesca a girare neanche un’inquadratura. Parte da Roma all’alba con la sua Cinquecento, con il batticuore come poco prima di un esame, e si ferma a pregare in chiesa perché il portone che si apre gli sembra di buon auspicio.
Sulla strada buca una gomma e soffre al pensiero di essere in ritardo per la sua prima regia, per buon cuore un camionista siciliano gli cambia la ruota ma il coraggio è un servizio extra che non fornisce nessuno. La paura di Fellini è fortissima e mentre il motoscafo lo porta verso il barcone, dove già da un’ora è imbarcata tutta la troupe, non si ricorda neanche la trama del film; ma poi, posa il piede sul set ed è pronto all’avventura.
Lo sceicco bianco è un’opera creata da quelli che sarebbero stati i grandi nomi del cinema italiano: Michelangelo Antonioni è coautore del soggetto, Ennio Flaiano della sceneggiatura e il protagonista è un giovane Alberto Sordi. Il film ha uno stile umoristico e onirico che viene definito fantarealismo. La pellicola esordisce al Festival di Venezia, dove subisce lo snobismo di critica e pubblico, gli stessi che l’anno successivo lo premiano con il Leone d’Oro per I vitelloni.
Fellini nella sua opera prima smonta gli idoli, le illusioni e i fenomeni di costume della borghesia provinciale italiana del dopoguerra. La sua attenzione è però rivolta soprattutto ai sentimenti della protagonista e alla piccola tragedia personale che si compie nel cuore di Wanda, prima che nella vita dei coniugi Cavalli. Wanda (Brunella Bovo) ed Ivan (Leopoldo Trieste), sono in viaggio di nozze a Roma. Lei ne approfitta per recarsi alla redazione del suo fotoromanzo preferito per incontrare il protagonista: lo Sceicco bianco (Alberto Sordi).
Wanda capisce presto che il suo idolo è un uomo patetico e volgare e ne respinge le pesanti avances. Afflitta tenta di gettarsi nel Tevere ma viene salvata, mentre Ivan la cerca per tutta Roma e vive delle rocambolesche avventure che lo portano a dormire con una prostituta – senza però tradire la moglie. I due alla fine si ritrovano, un po’ disillusi e senza eroi.
In questa pellicola è palese la nostalgia felliniana per le icone popolari, che sempre l’hanno sedotto, La vita vera è quella dei sogni dice una signora alla spaesata Wanda e, man mano che la giovane vede il suo sogno svanire, le luci si fanno opache e Fellini ci mostra le bassezze di chi si preoccupa dell’onore, delle conoscenze in Vaticano e della retorica patriottica, prima che dei sentimenti.
Lo Sceicco Bianco è una commedia nel senso più stretto del termine, tratta il dramma umano, quello risibile, che racconta le illusioni e le spoglia e permette di grattare oltre la superfice della satira ecclesiastica, collegiale e goliardica. Perché alla fine il cinema, come la vita, a volte è un circo, un varietà di marcette e udienze pontificie e idoli vecchi e nuovi e siamo un po’ tutti borghesi e provinciali, mentre scordiamo l’autenticità per inseguire i miti.

“Si nota, ne 'Lo sceicco bianco', uno squilibrio di tono, che è poi lo squilibrio stesso del film. Fellini non riesce sempre a mantenersi sul piano accennato; spesso, anzi, scade nella caricatura, nella parodia, nella farsa, nel macchiettistico". (Guido Aristarco, "Cinema Nuovo", 15 dicembre 1952).

"Se Fellini ha voluto frugare nel cervello delle ragazze invasate, lo ha fatto stando in superficie, senza scavare. Ecco perché la parte più riuscita del film riguarda non la fuga della ragazza, ma l'ansia del marito abbandonato; o se non la più riuscita, la più divertente. In quanto alla fattura del film il suo torto è nel ritmo, singolarmente lento, come per un impaccio della regia e degli interpreti, i quali sono scarsamente sorvegliati." (Arturo Lanocita, "Corriere della Sera", 7 settembre 1952).

"Tra tutte le opere di Fellini, Lo sceicco bianco è stato valutato dalla critica più avvertita come 'il massimo dell'apertura verso gli altri'. Il più oggettivo, il più svincolato da una poetica della memoria; l'opera in cui il regista non si identifica e non si confonde con nessuno dei protagonisti. L'osservazione appare calzante se riferita agli eroi in carne e ossa che si muovono nella vicenda. Ma in 'Lo sceicco bianco' il personaggio principale non compare mai direttamente sulla scena, resta invisibile, tesse cinicamente le fila, versa i suoi umori mordaci, interviene attraverso i fatti per soggettivizzare e trasfigurare sarcasticamente gli altri al di fuori di ogni intenzionale impostazione realistica, di ogni positiva critica di costume." (Lino Del Fra, "Bianco e Nero", giugno 1957).

"Ne 'Lo Sceicco bianco' Ivan e Wanda sono le facce complementari di un medesimo tipo di sogno popolare, limitato, squallido e prevedibile in tutti i suoi sviluppi, eppure rappresentativo delle aspirazioni di un italiano ancora chiuso dentro l'orizzonte della cerchia municipale. Wanda va incontro a Fernando Rivoli, il divo dei fumetti a cui manda decine di lettere, quasi a riceverne l'immagine e il corpo come in un rito sacramentale. L'apparizione in altalena di Alberto Sordi è il punto culminante di questo rito, il momento in cui il regista rivela la natura reale dell'essere divinizzato. C'è già, in questo film, la logica del travestimento (Wanda usa lo pseudonimo di 'Bambola appassionata') e soprattutto il ritmo di balletto che unirà - grazie a Rota - tutti i personaggi felliniani." (Gian Piero Brunetta, "Cent'anni di cinema italiano", Laterza, 1991).

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